giovedì 16 dicembre 2010



All'Italia unita seguì l'unificazione del capitale liquido e del debito pubblico

Fonte All'Italia unita seguì l'unificazione del capitale liquido e del debito pubblico.

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Alla formazione del capitale liquido del nuovo regno, la Sicilia concorreva, assieme alle provincie del regno napoletano, con quota pari a 443 milioni di monete su un totale di 668.

Nitti, chiedendosi dove era, intorno al 1860, la ricchezza d'Italia, pubblicava il seguente quadro:


Sicilia e provincie del napoletano monete in milioni 443,2

Lombardia monete in milioni 8,1

Ducato di Modena monete in milioni 0,4

Parma e Piacenza monete in milioni 1,2

Roma monete in milioni 35,3

Romagne, Marche, Umbria monete in milioni 55,3

Piemonte, Liguria, Sardegna monete in milioni 27,0

Toscana monete in milioni 85,2

Veneto monete in milioni 12,7


La SICILIA E LE PROVINCIE DEL NAPOLETANO avevano il doppio della ricchezza di tutti gli altri stati della Penisola messi insieme.

Poichè le monete ritirate, in gran parte d'oro e d'argento, erano sostituite con carta moneta, i governi del nuovo regno potevano disporre di enormi riserve in metallo prezioso con cui pagare le metrie prime e quant'altro occorresse a sviluppare l'industrializzazione ed il livello di vita del nord del Paese.

Grati per il "vantaggioso cambio" i siciliani cantavano, in quel periodo,

"L'oru e l'argentu squagghiaru ppi l'aria, di carta la visteru la Sicilia".


Maffeo Pantaleoni, nel 1891, provava che il Mezzogiorno d'Italia contribuiva assai più del Settentrione alle entrate dello Stato, e precisamente avendo il 27% della ricchezza nazionale, pagava il 32% delle imposte.

Lo stesso Nitti, nel suo libro "Nord e Sud", calcolava che lo Stato, nel '900, spendeva 71,15 lire annue per ogni abitante della Liguria e solo 19,88 line annue per ogni abitante della Sicilia.


Egli non poteva, ahimè, immaginare che, a distanza di 150 anni, nulla o quasi sarebbe cambiato della sua proporzione.


Nel 1861 la Sicilia, a fronte di una bilancia commerciale attiva quattro volte superiore a quella del Piemonte, concorreva al debito pubblico unificato con appena 6.800.000 lire, su un totale di 111.000.000 e contro i 62.000.000 del regno Sabaudo.


A tal proposito, nella Relazione presentata dal Consiglio Straordinario di Stato, convocato in Sicilia in sostituzione della mai creata Assemblea Costituente, il 19 ottobre 1860, e che aveva visto la partecipazione dei più eminenti uomini siciliani del tempo (Ugdulenda, F.Amari. F.Ferrata etc.), era stata richiesta, a fronte del ridottissimo debito pubblico isolano, una rendita adeguata in favore dell'Isola per la creazione di un sistema esteso di lavori pubblici.


Era stato richiesto, nel caso in cui fosse stata decisa l'alienazione e la liquidazione dei beni ecclesiastici, che " il ricavato di dette vendite fosse destinato a speciale beneficenza della Sicilia" . Ed era stata infine auspicata la creazione di speciali zone franche che, con l'imminente apertura del canale di Suez, avrebbero potuto trasformare l'Isola in un importante emporio di commercio con i paesi orientali.


La Relazione, considerata da tutti un documento di enorme valore sul piano economico e sociale, subiiva però la totale indifferenza del governo di Torino.



Continua...



(Tratto da "LA STORIA REQUISITA" di Giovanni e Emanuele Corrao)

domenica 5 dicembre 2010



Finlandia: tempi lunghi per il nucleare di terza generazione

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/12/03/finlandia-tempi-lunghi-per-il-nucleare-di-terza-generazione/80120/
       http://www.ilfattoquotidiano.it/


A Olkiluoto da cinque anni si costruisce un nuovo reattore nucleare, realizzato con la stessa tecnologia che l'Italia ha scelto per il ritorno all'atomo. I costi sono raddoppiati, tra intralci burocratici e problemi di sicurezza

I primi kilowatt avrebbero dovuto essere prodotti più di un anno fa. Bisognerà invece aspettare almeno l’estate del 2013 per utilizzare l’energia fornita dal primo reattore nucleare di terza generazione Epr (European Pressurized Reactor), in costruzione ormai da oltre cinque anni a Olkiluoto, Finlandia. Ad annunciare l’ennesimo rinvio nel cantiere gestito dal consorzio franco-tedesco Areva-Siemens, è stato lo stesso committente dell’impianto, il gruppo elettrico finlandese TVO, confermando che “la maggior parte dei lavori di costruzione sarà conclusa entro il 2012, il reattore entrerà in servizio entro aprile 2013, per raggiungere la piena operatività solo nella seconda metà dello stesso anno”.

Quattro anni di ritardo per un cantiere infinito, che, da simbolo del rilancio dell’industria nucleare nel mondo si è trasformato negli anni, fra imprevisti tecnici, aumenti di budget e polemiche, in un incubo per chi ha investito nel progetto. Dalla cattiva qualità del calcestruzzo utilizzato nelle fondamenta della centrale, che nel 2006 costò un anno di ritardo al cantiere, fino al richiamo da parte dell’autorità di sicurezza per i difetti di concezione degli apparati di controllo e sicurezza, mese dopo mese, Olkiluoto3 ha anche ingigantito i suoi costi, lievitati di quasi il 50%, con un importo totale per la costruzione stimato oggi a 5,9 miliardi di euro, contro i 3,2 inizialmente calcolati. Talmente un “affare” che nel 2009 Siemens annunciò addirittura di voler abbandonare il progetto. Sull’opera è ormai scontro aperto, con una procedura di arbitrato davanti alla Camera internazionale di commercio di Parigi e richieste miliardarie di risarcimento danni, fra il colosso del nucleare francese Areva che ha progettato l’impianto, e il committente finlandese TVO. “Per quanto ci riguarda, non ci sono ritardi rispetto all’ultima previsione di 86 mesi per la costruzione” ha dichiarato venerdì sera la portavoce del gruppo Areva, che attribuisce all’iter burocratico finlandese la responsabilità della lentezza del cantiere.

Ma non è solo in Finlandia che la costruzione del nuovo reattore incontra problemi. A Flamanville, cittadina della Normandia dove nascerà il primo Epr francese lo spettro di Olkiluoto minaccia il cantiere gestito da Edf: iniziata nel 2007, la costruzione del reattore conta oggi già due anni di ritardo, con una fattura che ha già raggiunto quota 5 miliardi contro i 3,3 inizialmente previsti. E anche in questa centrale, a cui Enel partecipa con il 12.5%, non sono mancati intoppi, dal circuito di raffreddamento alle fondamenta del reattore, passando per le componenti del pressurizzatore o le polemiche sulla sicurezza in caso di incidenti.

Se, con una potenza di 1.650 MW, un consumo di combustibile ridotto del 17% e un calo del 30% rispetto ai vecchi reattori delle emissioni chimiche e radioattive per kwh prodotto, la presunta eccellenza tecnologica dell’Epr è bastata a convincere il governo italiano a puntare su questo tipo di centrali per aprire la strada al ritorno dell’atomo in Italia, le cattive notizie in arrivo dalla Finlandia non sembrano destare alcuna preoccupazione fra i responsabili del settore. “Il nostro progetto – dichiara Fulvio Conti, amministratore delegato dell’Enel – è totalmente diverso. Non ha quel tipo di struttura organizzativa. Inoltre assume le esperienze fatte, anche negative, per strutturarle in modo tale da evitare errori e per avere un filone di attività chiare e di responsabilità ben assegnate”.

Intanto è arrivata l’ultima scossa che fa traballare le ambizioni nucleari del governo, con la seconda e definitiva bocciatura, da parte delle Commissioni Attività produttive e Ambiente della Camera, alla nomina di Michele Corradino, capo di gabinetto del ministero dell’Ambiente, a commissario dell’Agenzia nucleare. – “La mancata nomina del quinto membro non inficia il lavoro dell’Agenzia per la sicurezza nucleare né il programma di rilancio dell’atomo del Governo” ha commentato Stefano Saglia, sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico.